Vai al contenuto

Cipolla bambina

luglio 19, 2018

La bambina è finalmente tornata da scuola. Ha fatto a piedi diversi isolati, chiusa nel cappotto guardandosi ostinatamente i piedi, cupa, pensierosa, un passo dietro l’altro cercando di schivare le righe sulle lastre del marciapiede. A casa l’aspetta la mamma, le scaraventa un bacio sulla guancia che odora di freddo, la bambina lo accoglie mentre si scrolla dalle spalle l’umido di novembre. Ha due treccine esili di un castano sfuggente e occhi azzurri grandi e intelligenti. Non si sono ancora dette una parola. Il corridoio, sempre in agguato dietro tutte le porte, è un canale di buio che attutisce i sentimenti. Improvvisamente la bambina getta le braccia al collo della mamma, nasconde il viso nell’incavo della spalla e inspira l’odore di casa, fatto di niente, di tutte le cose buone, a volte solo immaginate ma che rimangono così, a fior di pelle.

L’abbraccio è stretto stretto, è un momento di quelli in cui si scambiano particelle d’amore, guizzanti e veloci come pesciolini elettrici, poi la bambina guarda la mamma e le dice: “Ho freddo”. Si toglie velocemente gli abiti che ha usato a scuola, rigidi e con un vago odore di matita temperata, e la mamma pazientemente la riveste con gli abiti di casa. Strati su strati di calore sulla pelle, per proteggere la sua bambina, strati di stoffe diverse gli uni sugli altri come i petali delle cipolle, ad ogni strato la mamma offre un bacio e una carezza sui capelli, per mandare via la paura del mondo fuori, per cancellare l’orribile bianco del cielo, lasciarlo al di là dei loro quattro muri. Ovviamente nulla di tutto ciò è necessario, ma perché non farlo? Perché non prolungare quell’ indefinito palpito del cuore che faceva pulsare le loro anime all’unisono, perché non fare tiro alla fune con il loro cordone ombelicale, perché lasciarsi andare? La mamma si intenerisce. Strato su strato, cipolla bambina le arrossa gli occhi di pianto, lacrime assurde le pungono le palpebre, per il passato acre che ormai le si intravede nelle rughe, per i suoi stessi gesti eterni che però mai nessuno le ha rivolto. Quando la vestizione è terminata cipolla bambina e la mamma si guardano allo specchio, un istante lungo e sospeso, in attesa di una cosa qualunque, poi scoppiano a ridere vedendo i loro lineamenti sovrapposti e poi se ne vanno, ognuna alle sue occupazioni. E come sempre il pomeriggio diventa uno spazio  che rimbomba vuoto.

Dedicato a Emma senpre

From → clan, racconti

Lascia un commento

Lascia un commento