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Incontro

ottobre 4, 2020

Alice sedeva su una panchina, le foglie degli alberi la proteggevano dai raggi di sole che si rincorrevano sul suo vestito verde scuro. Leggeva un libro, concentrata in se stessa, dentro alle pagine come dentro una scatola morbida, i rumori che si facevano lontani e sempre meno consistenti. Le ossa calde, le labbra che mormoravano alcune parole, per fissarle nella memoria. La palla di un bimbo le sfiorò i piedi, un attimo solo e poi una piccola mano si chinò a raccoglierla, lei fece appena in tempo a vedere il bagliore rosso della sua maglietta rossa mentre tornava a correre con i suoi amici. Qualche foglia si staccava dagli alberi ai soffi del vento, cauto sentore della stagione che presto sarebbe cambiata, ma non ancora, non subito, sulle foglie un primo vago rossore di timidezza per l’arrivo dell’inverno rude, un velo di giallo, per l’invidia di chi ancora si abbracciava nei giardini senza dover pensare alla fine dell’estate, come invece facevano loro. Serse camminava lungo il muretto, come sempre pensava qualcosa, guardava lontano, aspettando il tramonto e il suo sguardo colava lungo i mattoni rossi dei palazzi accarezzando ogni cosa come se gli appartenesse. Una mano in tasca. Il cuore sotto gli strati dei vestiti batteva in sordina come una piccola barca a vela nel tumulto rosso delle vene. Nessuno vedeva Alice, nascosta tra le righe nere del suo libro, nessuno vedeva Serse nella sua camicia troppo grande. Quando Serse arrivò alla panchina dove Alice era seduta, seguì con lo sguardo una foglia che andò ad appoggiarlesi in grembo. Gli venne voglia di sedersi al suo fianco, di raccoglierla e appoggiarla sui suoi capelli. Era fermo a due passi da lei. Un momento che tremava senza contorni in mezzo a milioni di altri momenti qualunque. Alice alzò lo sguardo e lo vide. Non distolse gli occhi da lui e i suoi occhi erano pieni di colori in movimento, per un attimo a lui parvero verdi ma dopo un secondo quella sensazione gli sfuggì e gli sembrarono castani, azzurri. Voleva aspettare per vedere se mutavano ancora. Gli sembrò che accennasse un sorriso, ma forse era solo un’impressione, si voltò per vedere se per caso stava sorridendo ad un altro. Quando si girò, Alice aveva chinato di nuovo gli occhi sulla sua pagina, era arrossita appena, ‘ti prego guardami ancora’ non potè fare a meno di pensare Serse. Alice parve sentire e lo guardò ancora. Gli occhi scuri, quasi blu. Serse trattenne il respiro. Alice nel frattempo stava vedendo proprio lui, stava pensando ‘chissà come bacia quest’uomo?’, e un piccolo volo di farfalle andò a incresparle il ventre. Un pensiero veloce, inaspettato, potente. Anche Alice trattenne il respiro. Serse si guardò i piedi, incerto se fare i due passi che lo separavano dalla sua panchina, e dirle cosa poi? Una sconosciuta in un giorno di sole. E se nessuna di quelle sensazioni fosse stata reale, se si fosse ingannato? La guardò nuovamente, gli occhi ora verdi chiarissimi, con quell’ultimo sole che ci giocava dentro. Serse riprese a camminare, senza voltarsi indietro, non era successo niente in fondo, tutto tornava come prima, i soliti pensieri, le cose da fare, il cuore aveva perso appena un battito. Alice aprì la bocca, cosa poteva fare d’altronde, chiamarlo? Uno sconosciuto in un giorno di sole. Guardò il libro, le righe si confondevano l’una con l’altra, una risacca di parole, lo chiuse con un colpo secco. E si alzò. Non lo vedeva più, si mise a correre, senza pensare a niente, senza un perchè che le ancorasse i piedi al momento precedente. Vento, foglie e sole. Lo vide di spalle, con la sua andatura morbida, dinoccolato, gli si mise davanti, senza fiato, gli guardò la bocca e con la mano gli strinse un polso.

(dedicato a Virginia, ovunque sia. Dedicato a ottobre)

la foto: panchina sul Po

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2 commenti
  1. Donna Virginia…
    come scrive bene la sorellina, lei sa raccontare
    e riesce a far perdonare ogni birbante che girovaga tra i pensieri
    come facevi tu .. di sicuro .. immagino…

    Un bacio Virginia !
    Dolce Vita Nuova

    (grande Sinforosa)

    Ray

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